Paura e Desiderio – Il motore della nostra esistenza

Il Club della Filosofia ha dedicato il suo primo incontro con i nuovi iscritti delle classi terze proprio a questo binomio cruciale

L’esistenza umana è un costante tiro alla fune tra due forze primordiali: la paura e il desiderio. Il Club Filosofia, nato dall’iniziativa di Francesco Palma (oggi ad Harvard) e gestito con passione dagli studenti delle classi quarte e quinte, ha dedicato il suo primo incontro con i nuovi iscritti delle classi terze proprio a questo binomio cruciale. L’obiettivo? Dimostrare che la filosofia è un vero e proprio gymnasium di vita, un luogo per allenare la mente oltre le mura scolastiche

Il dibattito si è aperto con una domanda fondamentale: “Vi sentite più guidati dalla paura o dal desiderio?”

“Questi due sentimenti non sono solo emozioni isolate, ma i pilastri da cui derivano tutte le nostre sensazioni secondarie: la felicità, l’ansia, la rabbia, la tristezza”, così Oderica Viggiani della VA EU, referente del club. Oderica e Sofia De Bartolo, sua compagna di studi e dibattito filosofico, ci raccontano le riflessioni più significative emerse durante il dibattito:

“Per Aristotele, l’origine della filosofia è la meraviglia, un sentimento che può nascere sia dallo stupore positivo (desiderio di conoscenza) sia dal timore di ciò che non si conosce (paura). Il filosofo Albert Camus sposta l’attenzione su un timore più esistenziale, suggerendo che “noi abbiamo paura di vivere”. Ne consegue un’ulteriore, profonda riflessione: “Abbiamo più paura di vivere o di morire?” Insomma la connessione tra paura e desiderio è apparsa subito evidente. Seneca li vedeva come due lati della stessa medaglia, interdipendenti e inseparabili.

La discussione ha toccato poi il paradosso del desiderio di disagio: il fascino per ciò che ci spaventa o ci mette in crisi. “Questo è strettamente legato al concetto aristotelico di catarsi, l’epurazione emotiva che proviamo, ad esempio, guardando una tragedia. Desideriamo l’esperienza della sofferenza fittizia per liberarci dalla paura reale Questo ha portato alla scomoda questione etica: “È etico trasformare la paura in piacere?””.

Quindi il riferimento a Søren Kierkegaard, che offre una chiave di lettura diversa: la paura dell’indeterminato o angoscia. “Non temiamo un oggetto specifico, ma la libertà e la possibilità infinita che ci pone davanti il futuro. È una paura necessaria, in quanto intrinsecamente collegata al dolore e al divenire, temi già esplorati da Orazio ed Eschilo”.

Il confronto si è poi spostato sulla possibilità di gestione: “È più facile controllare la paura o il desiderio?”

Emergono anche le paure più sottili, come la paura di non avere desideri o aspirazioni. Tuttavia, come suggerito nel dibattito, questa paura potrebbe celare il desiderio di compiacere gli altri e di aderire a un modello di vita “pieno” di ambizioni.

Per chiudere il cerchio sulla gestione di questi sentimenti, il Club ha richiamato il celebre Tetrafarmaco di Epicuro: “il “quadruplo rimedio” per raggiungere l’atarassia (serenità): non temere gli Dèi, non temere la morte, il bene è facile da procurarsi, il male è facile da sopportare. Epicuro insegna che, gestendo le paure fondamentali (morte e divinità) e i desideri (naturali e necessari, o futili e vani), si può indirizzare la propria esistenza verso una felicità stabile. Paura e desiderio sono il motore e il freno della nostra esistenza”.

Riflettere in una comune agorà su questi concetti, come anche nei precedenti incontri dedicati alla felicità, alla consapevolezza e alla spontaneità, è il cuore della missione del Club Filosofia: non un insieme di nozioni da imparare, ma un esercizio continuo per una vita più consapevole e piena.

B. Marchio Ufficio Stampa